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Intervista a Pino Maniaci tutte le interviste
Telegiornaliste anno IV N. 8 (133) del 3 marzo 2008

Pino Maniaci, la mia lotta alla mafia di Giuseppe Bosso

Questa settimana incontriamo Pino Maniaci, il direttore dell'emittente siciliana Telejato, balzato di recente all'attenzione delle cronache per aver subito a Partinico un'aggressione da un gruppo di giovani tra cui il figlio di un boss.

Era già stato coinvolto in simili manifestazioni d'insofferenza?
«No, questa è la prima aggressione fisica. In passato ci sono stati, però, episodi intimidatori come le gomme tagliate alla mia auto».

Ha ricevuto piena solidarietà dalla FNSI. E le istituzioni?
«E' giunta solidarietà anche da persone come Bertinotti e Veltroni che mi hanno incoraggiato a non demordere nelle mie battaglie».

Esperienze come questa la spronano ad andare avanti?
«In un primo momento lo sconforto è tanto, ma è naturale che sia così. L’importante è avere la forza di reagire immediatamente e continuare».

Quali sono le maggiori difficoltà che incontra il direttore di una emittente siciliana?
«Telejato è una televisione comunitaria che ho creato quasi dieci anni fa anche grazie alla collaborazione e al sostegno della mia famiglia, mia moglie e i miei figli. Pian piano ci siamo affermati, ma i problemi sono tanti, soprattutto di natura economica. Poche le risorse, la pubblicità è ridotta e il budget ne risente. Penso siano problemi comuni a tante altre piccole emittenti, ma la volontà di insistere nella nostra missione è sempre la stessa».

Ritiene che ancora oggi ci siano giornalisti pronti anche a sfidare la mafia e la criminalità organizzata?
«Certo, e avverto un grande risveglio da parte del giornalismo inteso come missione al servizio del cittadino. E' importante che si affronti il mestiere con questo spirito».

I casi Cuffaro e Mastella rappresentano la punta dell'iceberg di una profonda crisi politica che, da decenni, vive il nostro Paese?
«La nostra politica sta vivendo una fase di profonda crisi in generale, al di là dei casi citati. La cosa più grave, secondo me, è che si è verificata una scollatura vera e propria tra politica e società civile, ed è normale che il cittadino abbia finito per disamorarsi delle istituzioni. Occorre recuperare un dialogo e in Sicilia questa esigenza si avverte ancora di più visto che ci apprestiamo a ben quattro tornate elettorali tra amministrative, elezioni nazionali e referendum».

Cosa pensa della forte polemica che hanno suscitato le fiction Mediaset su Provenzano e Riina?
«Ho avuto modo di assistere alla prima a Corleone de Il Capo dei Capi qualche mese fa e ho intervistato il regista e alcuni degli attori protagonisti. Chiedendo loro se il film potesse apparire come esaltazione di quello stile di vita, mi è stato risposto di no. I fatti, invece, dimostrano che questa fiction ha diviso fortemente i ragazzi delle scuole: alcuni si sono schierati con Riina, altri con il suo rivale dello sceneggiato. Penso che, alla fine, quella che avrebbe dovuto essere una rappresentazione della realtà è stata invece una rappresentazione di fantasia che ha suscitato non poca confusione».

La vicenda Cuffaro cosa rappresenta per la Sicilia?
«Un momento di grande sorpresa, al di là della vicenda processuale e di quello che ne è seguito, con la storia dei cannoli. A spingere il nostro ex governatore alle dimissioni è stata soprattutto la sua intenzione di candidarsi al Senato e, per farlo, doveva ovviamente lasciare questa carica».

Quali sono i consigli che darebbe ai giovani aspiranti giornalisti?
«Dire sempre e comunque la verità. Non è facile quando si deve rendere conto a un editore e c’è una linea editoriale che deve essere seguita. Ma le prime regole del nostro mestiere sono quelle della trasparenza, dell’obiettività e dell’imparzialità, anche se questo può portare a degli scontri con la propria redazione».

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