Telegiornaliste anno XVIII N.
4 (688) del
2 febbraio 2022
Daniela
Bisogni, storie che coinvolgono
di
Giuseppe Bosso
Inviata del
Tg2, redazione cultura e spettacoli, incontriamo
Daniela Bisogni.
Com’è cambiata la sua vita e la sua giornata tipo da quando abbiamo
dovuto iniziare a confrontarci con il covid e quello che ha portato?
«Non è cambiata molto, solo meno viaggi, meno vita sociale, come tutti.
Di certo i lockdown e le chiusure hanno offerto un utile momento per
rallentare i ritmi, spesso stressanti in città, ma anche di riflessione
sulla vita, sulle scelte personali. Mi è nel contempo dispiaciuto che
molti concittadini non abbiano vissuto quei momenti come un’opportunità,
ma piuttosto si sono fatti prendere dalla paura. La paura non è mai una
buona consigliera».
Andando molto spesso in giro per l’Italia quali sono state le
esperienze e le storie da raccontare che più l’hanno coinvolta?
«Grazie per questa domanda. Sono tantissime le storie che mi
coinvolgono, perché svolgo il mio lavoro con passione. Mi colpiscono
molto le esistenze di coloro che si impegnano oltre l’orario di lavoro o
gratuitamente per tramandare ai posteri il patrimonio artistico e
storico del nostro paese, per tenere in vita un mestiere in via di
estinzione, o per salvaguardare l’ambiente, solo per fare alcuni
esempi».
Cosa ha rappresentato per il suo percorso professionale l’approdo al
Tg2?
«Al Tg2 ho trovato una grande famiglia e anche opportunità di
approfondire le conoscenze culturali del nostro paese, grazie ai viaggi,
per restituirle ai telespettatori. Ho anche avuto modo di occuparmi a
lungo di cinema, lirica e archeologia. In particolare per quest’ultimo
tema, dopo anni, sono riuscita a dimostrare che interessa molto al
pubblico, anche grazie ai riscontri dell’audience, e pertanto oggi gli
vengono dedicati spazi molto più ampi rispetto a una decina di anni fa».
Rispetto ai suoi inizi come pensa sia cambiato il mondo del
giornalismo nei confronti di giovani aspiranti alla professione?
«Il mondo del giornalismo è cambiato molto. Da una parte, con l’avvento
del digitale, si sono molto ampliate le possibilità, visto che ognuno
può diventare virtualmente editore di sé stesso. Però l’avvento di
Internet ha anche segnato in parte la morte delle carriere dei
giornalisti free-lance in settori come gli spettacoli, perché le pagine
culturali di molti quotidiani nazionali si sono sempre storicamente
basate sui collaboratori. Questo perché ci sono moltissimi giovani e non
disposti a prestare il loro lavoro in rete gratuitamente, con recensioni
di film o interviste, spesso senza un’adeguata preparazione, per cui il
lavoro si è certamente deprezzato per chi lo svolge in maniera
professionale. Di certo, sia tra i giovani che tra i più anziani, c’è
una minore propensione a fare delle verifiche, dando per buona qualunque
informazione che provenga anche da fonti attendibili. Le notizie vanno
sempre verificate, Questo è cruciale e deve tornare al centro di questo
mestiere. Come pure il coraggio di porre delle domande, anche scomode».
Ha modo di confrontarsi con i suoi colleghi e in che modo?
«Mi confronto spesso con i colleghi, su temi specifici piuttosto che su
visioni ad ampio spettro, come a me piacerebbe. Da qualunque confronto
nasce sempre un arricchimento».
Il futuro, dopo quello che stiamo vivendo e abbiamo vissuto, è più
incognita o speranza?
«Il futuro dipende sempre da una percezione personale, lo stesso
bicchiere potrebbe essere mezzo pieno o mezzo vuoto, a seconda dei punti
di vista. Di certo in molti si è creata una maggiore consapevolezza del
momento che stiamo vivendo, percezione che spero diventi sempre più
allargata».