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Intervista a Micaela Palmieri (2)   Tutte le interviste tutte le interviste
Micaela PalmieriTelegiornaliste anno XX N. 14 (761) del 17 aprile 2024

Micaela Palmieri, sostiene Schopenhauer
di Giuseppe Bosso

Fa sempre piacere per noi ritrovare telegiornaliste che avevamo intervistato in passato, a distanza di anni, per un ‘aggiornamento’ sulle loro vicende professionali e private. E lo è ancor di più quando le ritroviamo ormai volti di punta di un importante contenitore come il Tg1, nel caso di Micaela Palmieri.

Bentrovata Micaela, ci eravamo lasciati nel 2009 parlando dei tuoi trascorsi tra Telelombardia e l’approdo alla Rai, e oggi ti troviamo volto di punta del Tg1: quanto è cambiata la tua vita con questa svolta?
«La stagione a Telelombardia è stata per me un momento molto felice, ricordo la spensieratezza, la fatica senza sentirla e la gioia di andare in redazione a imparare. Poi c’è stato il cambiamento: la Rai. E un’altra fase molto bella: la trasmissione su Rai2 con un gruppo affiatato. Poi l’approdo al Tg1, ora con una trasmissione Morning news Tg1 mattina dal mio punto di vista di grande contenuto e spessore. Ma, ti dirò, in realtà la mia vita non è cambiata nei suoi pilastri fondamentali: resto sempre io. È solo un lavoro che sì io amo ma resta comunque confinato lì».

Ti chiesi, se ricordi, se fossero maturi i tempi per una direzione al femminile di un importante Tg, e c’è riuscita Monica Maggioni, che è stata anche presidente Rai e alla direzione di Rainews 24; mi rispondesti che ancora poche, troppo poche, le donne che non solo nel giornalismo ricoprivano cariche di punta: siamo davvero destinati a non superare questo “complesso”, per così definirlo?
«Cambiare comportamenti e consuetudini radicate nel tempo e nelle società è molto difficile. Io credo che fin dalle piccole cose la disparità tra uomini e donna sia dura da sradicare, ci vuole un lavoro quotidiano e senza requie. Nei posti di potere continuano a esserci più uomini e anche la non parità salariale in molti ambiti resta, dunque bisogna continuare a credere di poter cambiare le cose e non arrendersi».

Negli ultimi tempi molta sensazione, e anche commozione, hanno suscitato le notizie delle malattie che hanno colpito Re Carlo d’Inghilterra e poi la principessa Catherine: non trovi che, soprattutto nei confronti di quest’ultima, nelle settimane precedenti l’annuncio che ha scosso il mondo ci sia stata una ingiustificata e forse insana forma di accanimento da parte dei media?
«Io penso che sia un accanimento che c’è sempre stato e che tra i media imperversi un po’ ovunque. Ricordo il tritacarne mediatico cui fu sottoposta Diana, perseguitata da foto e illazioni. Certo, oggi forse è tutto peggiorato anche come conseguenza della disinvoltura che hanno molti di noi a mettere in piazza la propria vita».

Guerra, catastrofi climatiche che non di rado colpiscono anche l’Italia, crisi economica, violenza sulle donne anche in forma tragicamente estrema: quali di questi argomenti ti fa particolarmente male doverne parlare?
«Sono tutti temi che parlano della sconfitta dell’essere umano, fa male parlarne e rendersi conto anche di quanto man mano ci sia assuefazione. Credo che il diritto di indignarsi e il senso della vergogna si stia sempre più perdendo. Abituarsi e adattarsi a tutto penso sia distruttivo».

Rispetto all’epoca del nostro primo incontro i social hanno avuto una crescita impattante che ha finito per cambiare anche il modo di approcciarsi al mondo dell’informazione: cosa hai potuto riscontrare da questo punto di vista?
«Un appiattimento delle notizie e anche un grande pericolo: chiunque e con qualsiasi mezzo - anche magari senza avere alle spalle uno studio e una scolarizzazione adeguata- pensa di potersi atteggiare a giornalista. Io credo che per fare un mestiere - qualsiasi esso sia - ci voglia una preparazione vera e meticolosa».

Giunta a questo passo, ti senti realizzata?
«Un grande filosofo, Arthur Schopenhauer, diceva che l’uomo desidera qualcosa continuamente. E quando lo ottiene, se lo ottiene, l’appagamento che ne consegue è illusorio. Desidererà sempre qualcos’altro. Ecco, io mi sento quasi sempre così».

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