15/07/2004
Sapevamo dove
trovarla: in strada, il posto meno adatto per una bambina di 11
anni. Ma Serly non ne conosce di migliori, per rimediare in
fretta qualche spicciolo da investire in sacol. Quella che noi
chiamiamo colla da scarpe, per i ragazzi scalzi dell'America
Latina è un potente allucinogeno che li fa sentire meno
sfortunati.
Alle 6 del pomeriggio, Serly cerca ancora clienti. Ma soprattutto,
qualcosa da mangiare, perché i soldi dell'ultimo cliente li ha
investiti tutti in colla. Così, quando una di noi l'accompagna
al dormitorio di Casa Mamae Margarida, non oppone troppe
resistenze. Più difficile è convincerla ad alzarsi, il giorno
dopo: qualsiasi cosa le proponiamo - il bagno caldo, i vestiti
nuovi, la colazione - ci risponde che, dopo tutto, è meglio la
strada.
"Serly, ma anche in strada ti vogliono così bene?". "No, in strada
ci si arrangia da soli. Guadagno quello che posso, compro quello
che voglio e lo difendo a denti stretti, per evitare che me lo
rubi qualcun altro". "E dove prendi i soldi?". Silenzio. "Serly,
dove prendi i soldi?". Fa un gesto evasivo, saluta di corsa e
scappa via. Vorremmo rincorrerla, ma resistiamo alla tentazione:
siamo abituate a vederle andare via, perché Mamae Margarida è la
casa delle porte aperte.
Per fortuna, Serly ritorna. Accetta di passare una giornata con le
altre bambine, e scopre - per la prima volta in vita sua - la
gioia di giocare con una bambola. I pattini, la palla, la
piscina: al ritorno, all'ora di cena, sembra contenta. Ma le
manca qualcosa. "Suora, dammi un po' di colla". "E perché ti
piace così tanto?". "Perché comincio a volare, e quando arrivo
in cielo vedo mia mamma…". E comincia a piangere.
Sua madre abita chissà dove. È entrata nelle Forze armate
rivoluzionarie colombiane, che combattono contro il governo di
Bogotà, e per seguire la guerriglia lasciò la figlia dai parenti
di Medellìn, quando la bambina aveva 6 anni. Negli ultimi
cinque, Serly è passata da una famiglia all'altra, fino a quando
non si è convinta che l'unica casa possibile, per lei, fosse la
strada. Quando accetta di vivere con noi, trova la serenità che
le mancava. Ma le mancano, soprattutto, la madre, che non si fa
sentire, ed il fratello maggiore.
Così, cominciamo a darci da fare. Chiamiamo l'esercito, le
autorità, il sindaco ed il parroco del paese in cui la donna ha
lasciato le ultime tracce. Serly vive questo periodo con
inquietudine. "Suora, rimandami in strada". "Perché, non stai
bene qui? Hai imparato a leggere, stiamo cercando tua mamma…
pazienta un po'". "No, non ce la faccio. Mi manca la droga, mi
mancano gli uomini". "Gli uomini? Un giorno incontrerai l'uomo
da sposare, ma ora è presto… guarda come ti hanno lasciata,
guarda le malattie che ti hanno trasmesso".
Passa un anno e mezzo di cure ginecologiche, di sostegno
psicologico ed educativo. Poi squilla il telefono. È il parroco
colombiano: "Abbiamo trovato la madre". Ci mettiamo d'accordo
per farle incontrare la bambina che, nel frattempo, fa enormi
progressi: è meno aggressiva, più felice, più attenta allo
studio ed alla cura di se stessa.
Arriva il giorno dell'incontro. Madre e figlia si riabbracciano in
un'area di servizio. Non sentono il peso delle 11 ore di viaggio
- sei la mamma, cinque la bambina - ma solo la bellezza del
ritrovarsi. Piangono, e fanno piangere anche noi. Poco dopo,
arriva il fratello maggiore, e la festa è completa. La madre ci
spiega di avere lasciato da due anni la guerriglia, per mettersi
alla ricerca di Serly, ma di non essere riuscita a ritrovarla.
Piange ancora, e ci ringrazia. È una gioia che, se potessimo,
prolungheremmo all'infinito. Ma ci aspettano altre storie, con
un lieto fine ancora lontano. Abbiamo bisogno del vostro aiuto.
Le suore di Mamae Margarida - Medellin
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Serly chiede a suor Fabiola:
“Rimandami in strada”
L’incontro atteso ed
indimenticabile
La famiglia al completo: si ricomincia a vivere!
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