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Archivio Telegiornaliste anno VIII N. 4 (306) del 30 gennaio 2012
 
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TGISTE Deborah Dirani, il sole di Tele Bologna di Giuseppe Bosso

Intervistiamo Deborah Dirani, volto di Tele Bologna, in passato a Telesanterno, dove conduce il tg e la striscia Chick Chat: quello che le ragazze si dicono, e di Di.Tv.

Pro e contro di essere una tgista a Bologna.
«Diciamo che entrambi gli aspetti hanno qualcosa in comune: è bello poter conoscere una città, quello che succede nei palazzi. Però questo aspetto è anche sconcertante quando vieni ad apprendere alcune verità».

Per qualche anno sei stata lontana dalla tv: è stata dura riprendere?
«No, davanti alle telecamere mi sento molto naturale».

Come nasce Chick Chat, la striscia che conduci su Telebologna?
«Nell'estate 2006 chiacchieravo con la mia amica e collega Barbara Tarricone. Parlavamo dell'idea di creare un format impostato in questa maniera, come un salotto. Poi, la scorsa primavera, Barbara mi fa: "Ti ricordi di quella nostra idea?". E così nacque il format, il cui titolo è ispirato allo slang americano; un luogo di incontro tra amiche dove si parla del più e del meno, anche di cose pesanti magari».

Monti, inaugurando il suo governo, ha sottolineato di aver affidato tre ministeri chiave a donne: non trovi però sia stato piuttosto indelicato?
«Sì, sono molto sensibile al tema della condizione femminile, cerco di esporlo nel mio lavoro. Il fatto di doverlo evidenziare la dice lunga su quanta strada ci sia da fare. Non a caso il mio idolo è Hillary Clinton, una donna che ha sempre saputo cosa voleva e che ha sempre saputo confrontarsi alla pari con gli uomini».

Cosa ti ha dato il buddhismo, a cui ti sei convertita da qualche anno?
«È la mia vita, non potrei proprio vivere senza. Potreste togliermi tutto, ma non quello. Per questo voglio davvero ringraziare il mio maestro giapponese, il presidente della Soka Gakkai Internazionale Daisaku Ikeda».

Cosa farai da grande?
«Qualche anno fa ti avrei risposto la moglie e la mamma, al momento però non sono nessuna delle due perciò per ora ti rispondo che mi piace creare valore, ogni giorno, in qualunque cosa io faccia: dal lavoro alle relazioni umane».

Un aggettivo per descrivere Deborah?
«Solare».

Oltre al lavoro in tv cosa farai prossimamente?
«Continuo a collaborare con varie testate. Sono contenta, però mi piacerebbe trovare tempo per dedicarmi ai viaggi».

Ti hanno mai messo il bavaglio?
«Ci hanno provato in tanti, ma sono una lottatrice nata, quindi...».

Un saluto ai lettori di Telegiornaliste.
«Vi ringrazio del seguito e dell'attenzione che mi dedicate. C'è anche l'immagine nel mio lavoro e il vostro affetto è molto importante per me».
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CRONACA IN ROSA Come vivere all'estero ed essere felici - Clima di casa di Erica Savazzi

«Qui piove sempre. Il sole italiano! Il cibo italiano! Mi mancano!» Paragonare il paese d'adozione con la terra natìa è lo sport preferito dagli espatriati. Sole, cibo, mare e bellezze artistiche sono al top del rimpianto. Segue poi la consapevolezza che se si vive altrove un motivo ci sarà. Perché alla fine tutti rimpiangono la propria casa d'origine, ma pochi ci fanno ritorno. E non è solo una questione di stipendio. Si vivesse davvero male, altrove, cosa ci farebbero tutti i milioni di italiani in giro per il mondo?

Nella mia esperienza si diventa davvero espatriati quando non si sa più dov'è la “casa”, nel senso il luogo dove ci si sente bene, dove piace vivere. È ancora “casa” quella dove si torna per i week-end lunghi e le feste comandate? Dove ci sono genitori e parenti? O è casa dove ci si può progettare una vita e si ha una certa sicurezza? Tipica scissione da emigrato. Accompagnata spesso dalle sgradevole sensazione che le persone che si sono lasciate non capiscano. Le vite divergono, tutto cambia e i punti in comune si fanno flebili. Solo i veri amici restano.

E nuovi amici arrivano. Incontrare nuove persone, probabilmente expat a loro volta, è estremamente arricchente. Storie, lingue, usanze, passati che non sono più solo sui libri di scuola ma vivi, davanti a voi. Lato negativo: capirsi può essere difficile. Le diversità culturali possono impedire il dialogo anche tra le persone più ben disposte del mondo. È richiesta anche una buona dose di elasticità e di pazienza: adattarsi può essere molto difficile.

(3-fine)
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FORMAT Donatella Greco: così mi sono inventata un mestiere in tv di Giuseppe Bosso

Da tre anni affianca Serena Bernardo nella rubrica Viggì cibo, in cui occupa varie strisce: Ricette pazze dal mondo, Dal mercato con furore, I segreti della nonna.
Eppure Donatella Greco ha un passato molto diverso dal mondo della tv, a cui si è avvicinata proprio grazie alla giornalista napoletana, sua grande amica. Donatella lavorava in una nota compagnia telefonica. E poi...

E poi, Donatella, com'è arrivata questa svolta della tua vita?
«Lasciai il lavoro che facevo per seguire i miei tre figli. Serena è da tanti anni una mia cara amica, mi sono proposta per gioco e mi ha dato questa possibilità. Ma i giornalisti sono lei e i suoi colleghi, per me è un diversivo. Non mi sentivo appagata, in questa società il lavoro di casa non viene stimato».

Amicizia di lunga data la vostra.
«Sì, e si è estesa anche ai nostri figli. Abbiamo cominciato con Ricette pazze dal mondo, per poi passare ad altre rubriche. Sono comunque brevi strisce girate nella cucina di casa mia, realizziamo anche cinque episodi in una mattinata ottimizzando i tempi del programma e anche i miei, che sono poi quelli della mia famiglia».

Farina del tuo sacco queste rubriche?
«Certamente. Mi documento su internet e altrove e ho potuto scoprire cose molto interessanti, per esempio sulla cucina cambogiana basata su insetti e pietanze come il risotto alle cimici, la zuppa di blatte, le cavallette fritte. Mentre per i segreti della nonna attingo spesso da un libro della cucina tradizionale, che mi è stato tramandato dalle zie».

Pro e contro di uno spazio così ristretto?
«Vorrei avere più spazio, e ne approfitto per rivolgermi a Serena tramite voi! Sono consapevole che non dipende da lei, ma dalla produzione e dall'editore. Credo però che riusciamo a dare un prodotto di qualità anche con tempi ristretti».

Inventarsi un mestiere è una necessità di questi tempi di crisi: è stato così anche per te?
«Sì. Mi sono lanciata in questa avventura e, come ti dicevo, mi sono riciclata nel vero senso della parola. È stato bello per me poter fare qualcosa di completamente diverso dal lavoro di ufficio, qualcosa dì divertente e stimolante. Volevo vedere se potevo dare ancora qualcosa».

E i tuoi cari ti sostengono in questo?
«Mio marito è moderatamente contento, non mi sembra faccia un tifo da stadio. Ho due figlie adolescenti e un figlio piccolo che invece si diverte un mondo, e anzi me lo dice: Mamma ma perché non stai più tempo in onda? Ti tolgono subito (ride, ndr)».

Cosa farai da grande?
«Noi donne siamo cresciute noi donne pensando di poter fare tutto, e poter avere tutto, famiglia, carriera, successo, ma non è sempre così. Bisogna essere brave manager e avere il carattere giusto per non farsi assalire dai sensi di colpa. Per ora, come si suol dire, navigo a vista, ma se arrivasse una proposta importante perché non valutarla? »

Sorridete, sorridete, sorridete sempre! Così chiudi i tuoi spazi nel programma: è la tua filosofia di vita?
«E’ una chiusura ironica dopo aver appena detto che il consommè di scorpioni è ottimo da servire a una cena! Ma è anche una caratteristica che mi appartiene».

Un aggettivo per Donatella e uno per Serena?
«Per Serena senza dubbio frizzante, spumeggiante e grintosa, carica. Io? Solare senza dubbio, sono così come mi vedete in onda».
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HOT GIRLS Ipotesi e fantasticherie erotiche sulle Telegiornaliste di Francesca Succi

E arrivò il giorno in cui mi cimentai in Hot Girls: come donna, giornalista e futura telegiornalista. E arrivò anche il momento di scavare nell’intimo, il mio e quello di qualche collega; ipotizzando e graffiando.

Nasce così quest’articolo, frutto della mia fantasia – sessuale e non – volto a scoprire l’area più nascosta di una giornalista. L’antro più hot, definito quasi tabù.

Come si diverte sessualmente una giornalista/telegiornalista? La risposta è assai varia e stravagante. Dipende da una serie di fattori: dallo stato coniugale, quello extra coniugale e dalla pazzia della professionista. Può divertirsi con un uomo più giovane, uno più maturo o semplicemente con l’artificio di un sex toys. E per aprire gli orizzonti delle nuove comunicazioni, anche con le app degli smartphones!

Si sa, l'uomo maturo ha le sue esperienze, dimensioni... e ha molto da insegnare a una telegiornalista, magari a una giovane di qualche redazione locale. L'uomo più giovane potrebbe essere il "gioco" ideale per qualche veterana delle reti nazionali. E i sex toys? Democrazia! Quelli per tutte.

In caso di singletudine perenne, opterà per gli strumenti più basilari: mani, cibo, oggetti improvvisati… e telefonate piccanti; magari con un collega. Uno diverso ogni volta, della redazione o del canale concorrente, dopo un depennamento continuo nell’agendina di redazione. Ma perché chiamare uomini, che a volte creano solo problemi?! Optiamo per una donna. Un ménage a due tra pari: ancora più piccante. Sempre tra telegiornaliste, of course.

Magari si troverà sul letto nuda, a pensare, guardare il soffitto e stimolarsi. Oppure, cadrà nel sonno colta dalla stanchezza della giornata passata tra una notizia e l'altra.

Ora, immaginate la vostra telegiornalista del cuore, quella su cui fantasticate ogni volta che la vedete in onda, in conduzione o come inviata. Ora vestitela, anzi svestitela, e ipotizzate sul modo che ha per sedurre, giocare e piacere…
Ognuno di noi produrrà un pensiero erotico diverso, al limite del possibile e della decenza; ma sarà un pensiero stupendo assieme alla telegiornalista del cuore.

Perché per tutte le donne, giornaliste e telegiornaliste, l'importante è il piacere. E raggiungerlo!
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DONNE Cynthia Nixon incoraggia dal palco a lottare contro il cancro di Giulia Fiume

Capelli rasati a zero e volto sorridente: così l’attrice Cynthia Nixon ritorna sul palcoscenico di Manhattan, pronta per una nuova e più grande sfida. Dopo i suoi innumerevoli lavori nel campo cinematografico e il successo della serie e del film Sex and the city, l’attrice ritorna in scena nei panni di Vivian Bearing, una professoressa di poesia affetta da cancro alle ovaie.

Lo spettacolo, Wit, è tratto dal romanzo di Margaret Edson, vincitore del Premio Pulitzer 1999. L’omonimo scritto dell’autrice americana, riportato sul palco fedelmente, narra la storia di una donna intelligente, colta, estremamente sicura di sé. Tuttavia, quando Vivian scopre la sua malattia, tutte le sue migliori qualità sembrano non contare più nulla.

Crollano le maschere della sua serietà, della sua riservatezza e della sua razionalità. La donna è costretta a fare i conti con qualcosa che non può controllare, si ritrova per la prima volta spoglia delle sue convinzioni, alla ricerca del coraggio necessario ad affrontare ogni nuovo giorno.

Attraverso la malattia, Vivian si reinventa nei panni di una donna che ha voglia di vivere ogni giorno secondo i propri desideri. La vita si rivela estremamente diversa da com’era stata fino a quel momento, e si mostra davanti a Vivian per quello che è realmente: meravigliosa sopra ogni dolore.

Cynthia Nixon veste i panni di Vivian con lo stesso coraggio con cui qualche anno fa, nel 2006, ha dovuto affrontare la sua malattia. All’attrice venne diagnosticato un cancro al seno che i medici, fortunatamente, riuscirono a curare in tempo senza ricorrere alla chemioterapia.

Con grande ironia e incredibile allegria, Cynthia cerca di trasmettere alle donne la forza necessaria per affrontare un percorso duro come quello della malattia. Scherza sul suo nuovo look ed è realmente coinvolta nella storia. Il suo sorriso sul set è quello di Vivian e di tutte le donne che oggi, in questo momento, stanno lottando per la loro vita e lo stanno facendo con quel coraggio e quella voglia di vivere che non dovrebbero abbandonarci mai.
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