
Telegiornaliste 
					anno II N. 39 (71) del 30 ottobre 2006
 
 
Fabio Caressa, voce mondiale 
                    di Giuseppe Bosso 
                    
                    Fabio Caressa, 
telecronista di Sky, giornalista professionista dal 1994, inizia a lavorare in 
televisione nel 1986 a Canale 66, un'emittente locale romana legata alla più 
famosa TeleRoma 56. Passa a Tele+ nel 1991 come commentatore delle partite di 
calcio internazionale. Con l'avvento di Sky forma con Beppe Bergomi la coppia 
principe della pay tv italiana. Ha commentato le partite dell’Italia al 
vittorioso Mondiale di Germania. E’ sposato con Benedetta Parodi e ha due figlie, Matilde ed Eleonora.
                    
                    
                    Che sensazione ha provato il 9 luglio nel commentare il 
trionfo mondiale degli azzurri? 
                    «E’ stato il coronamento di un sogno, che chiunque faccia il 
mio mestiere vorrebbe realizzare. Una grande emozione di cui non mi sono reso 
conto che a distanza di pochi giorni». 
                    
                    Ha sentito un po' sua quella Coppa che poi ha avuto modo 
di toccare? 
                    «Sì, ma soprattutto l’ho sentita un po’ mia per quello che, 
durante tutta la cavalcata degli azzurri, eravamo riusciti a trasmettere alla 
gente che ha seguito partita dopo partita questa impresa memorabile». 
                    
                    Avrà avuto modo di risentire le sue telecronache: pensa 
di essersi lasciato coinvolgere molto emotivamente durante il cammino che ci ha 
portato dal Ghana alla Francia? 
                    
                    «Assolutamente no; mi sono lasciato coinvolgere come è 
giusto che fosse, proprio perché la televisione deve trasmettere emozioni, 
sensazioni palpitanti. Di conseguenza sono io il primo a dovermi lasciare 
coinvolgere, per consentire al pubblico di vivere questo». 
                    
                    Il trionfo tedesco sembra offuscato dal clamore di 
Calciopoli: di questa estate 2006 l'immagine di Cannavaro che alza la Coppa al 
cielo di Berlino non rischia di passare in secondo piano rispetto a quella del 
procuratore Palazzi che chiede la retrocessione delle squadre coinvolte e del 
giudice Ruperto che sentenzia? 
                    «Io credo che ormai l’argomento non sia più nemmeno 
all’ordine del giorno. Ormai tutto quello che è rimasto sono le sentenze, le 
penalizzazioni e le squalifiche inflitte. La palla ha continuato a rotolare, e 
quando questo avviene si deve giocoforza voltare pagina e guardare avanti». 
                    
                    Dopo tante peripezie, come quella legata ai diritti 
televisivi, è ripartito il campionato: è corretto, secondo lei, che fattori come 
questo possano incidere sullo sport più amato del mondo? 
                    «La televisione e il calcio sono ormai legati in modo che il 
secondo necessita della prima per la sua stessa esistenza. La televisione 
permette al tifoso di seguire la sua squadra in campo e durante la settimana, 
per questo è stato importante risolvere queste questioni». 
                    
                    Cosa sogna di commentare dopo avere avuto la gioia di 
essere il narratore della vittoria più importante per una nazionale di calcio? 
                    «Beh, sicuramente spero di continuare a fare questo lavoro 
come ho sempre fatto. Però, ora che mi ci fai pensare, non ho mai commentato una 
finale di Champions League con una squadra italiana, e spero proprio che 
quest’anno sia la volta buona». 
                    
                    Anche sua moglie, Benedetta Parodi, è giornalista: 
ritiene che nella vita di coppia essere colleghi sia un punto a favore o contro? 
                    «Lo svolgere lo stesso lavoro ci aiuta molto a capire quali 
possono essere i nostri tempi e le nostre esigenze. Poi, per fortuna, non ci 
sono rivalità tra di noi, perché anche Benedetta, col suo telegiornale, riscuote 
molto successo e di sicuro questo non può che far bene al nostro rapporto».