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Intervista a Rossella Fusco   Tutte le interviste tutte le interviste
Rossella FuscoTelegiornaliste anno X N. 33 (421) del 13 ottobre 2014

Rossella Fusco: vorrei raccontare una Napoli diversa
di Giuseppe Bosso

Incontriamo Rossella Fusco: salernitana, inviata e conduttrice di Vg21, il telegiornale dell’emittente campana Canale 21.

Come ti sei approcciata a Canale 21?
«Non avevo la più pallida idea di cosa ci fosse dietro una macchina redazionale; superati i primi timori di non farcela mi sono buttata, da assidua perfezionista quale sono, nel lavoro quotidiano, avendo la fortuna di trovare un ambiente molto professionale e colleghe/i che mi hanno subito accolta come una di loro; mi ha permesso di crescere tanto, migliorandomi giorno dopo giorno».

La tua giornata tipo.
«Varia a seconda degli impegni; quando devo condurre sono giornate con un’alta carica di adrenalina; ci occupiamo di eventi in continuo divenire, dobbiamo essere pronti anche a cambiare le scalette con le notizie dell’ultim’ora; c’è sempre il timore di non riuscire ad avere sul momento il pezzo di partenza, e la responsabilità del conduttore di coordinare la squadra esterna sotto la supervisione del direttore è molto sentita; per fortuna posso dire di aver sempre superato nel modo migliore questo stato d’animo. Devi anche sapere improvvisare; diversa ma non meno impegnativa e piena è la giornata in cui sono in esterna, dove sono in continua attesa della chiamata dal posto dove intervenire, che può riguardare la cronaca come la politica e gli spettacoli; in ogni caso, alla sera torni a casa con una nuova carica dal punto di vista umano e professionale».

Cos’hai provato la prima volta che ti è capitato di condurre il Vg21?
«Molto carica e tesa; ho affrontato una prova molto impegnativa con me stessa. Mi hanno fatto i complimenti per come mi sono posta, e devo dire che è stata una molla per le successive conduzioni. Ma l’ho vissuta come un passaggio da cui trarre nuovi stimoli e certamente non come un punto d’arrivo; sono dell’idea che le cose vadano vissute passo dopo passo, intanto mi impegno ad affinare la mia professionalità».

Canale 21 trampolino di lancio per molte affermate giornaliste: quali sono i pro e i contro per te?
«In ambito locale puoi affrontare la miglior palestra possibile dal punto di vista giornalistico, a maggior ragione in un’emittente dove hai la fortuna di lavorare con professioniste del calibro di Titti Improta, Brunella Chiozzini e Barbara Mustilli – per citarne solo alcune – puoi ‘carpire’ da ciascuna di loro qualcosa che non può che migliorarti; c’è molta complicità tra noi, e non competizione come si potrebbe pensare per gli ambienti dove ci sono molte donne».

Già, tante colleghe, esperte e esordienti; come ti trovi con loro?
«Non sono competitiva per natura, a maggior ragione in ambito lavorativo, dove se parti con questo spirito difficilmente approdi da qualche parte; c’è collaborazione, gioco di squadra, alla ricerca dell’unico traguardo del prodotto finito, che è la cosa più importante».

Che tipo di giornalista vorresti diventare?
«Venero la Gruber ma ammiro molto anche Giovanni Floris; pensando a quest'ultimo, per me il top sarebbe un salotto politico, sul modello di quello che per anni ha condotto a Ballarò e che continua a condurre ora su La7 con Dimartedì; sarebbe l’acme dell’affermazione professionale. Certo, capisco che in ambito locale non è un progetto facilmente realizzabile, dovendoti il più delle volte accontentare di quello che c’è a disposizione».

Nella tua scaletta l’affermazione professionale viene prima degli affetti?
«Ho due figli piccoli, la mia priorità era affermarmi sul piano affettivo e diventare mamma, parallelamente al completamento del mio percorso di studi; poi ho deciso di inseguire l’affermazione professionale, e ritengo che le due cose, per quanto difficili da conciliare, possano tranquillamente camminare di pari passo. Le difficoltà per una donna sono ben note, ma credo che la voglia sia il modo migliore per ottenere una cosa; la tranquillità che ti danno i tuoi cari – che possono essere anche i tuoi amici, le persone che ti vogliono bene – è una marcia in più per fare bene anche sul lavoro; non biasimo chi ha scelto unicamente di cercare la realizzazione professionale, ma alla lunga ho l’impressione che le mancanze dall’altra parte si sentano».

Lo scoop che sogni di realizzare?
«Raccontare che la politica finalmente inizi a funzionare; vorrei dare la notizia di una buona scuola, cosa che mi tocca molto da vicino; una scuola dove i ragazzi riescano ad apprendere senza il peso di dover subire le ripercussioni delle proteste derivanti dal precariato e dalle altre mancanze di cui di continuo sentiamo parlare; e raccontare una Napoli diversa, non massificata ed esemplificata esclusivamente in negativo. Quella partenopea è una società composita come altre realtà italiane, gli episodi negativi possono capitare dappertutto».

Ti senti a prova di bavaglio?
«Assolutamente sì, una macchina da guerra – ride, ndr – anche se devo dire che non sono finora mai capitate situazioni particolari di tentativi di condizionamento, che comunque avrei respinto in partenza».

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