"Telegiornaliste" magazine
di
Silvia
Grassetti
La società della comunicazione si sta trasformando a ritmi sempre più serrati in
società della comunicazione multimediale: i fatti, le
espressioni artistiche, le informazioni sono scambiati sempre più spesso e con
sempre maggiore velocità attraverso nuovi canali.
Ed è quando i canali vecchi e quelli nuovi interagiscono che ci
accorgiamo di essere a un tempo inventori e fruitori di una comunicazione su
molti livelli, e del grande potenziale di informazioni a cui oggi abbiamo
accesso - di cui oggi siamo protagonisti.
Telegiornaliste nasce su Internet nel 2001: era l'angolo
di una piazza virtuale dove gli internauti mostravano interesse e curiosità per
una categoria ben specifica di giornaliste, le conduttrici dei tg, belle, brave,
professionali.
L'inventore di questa piazza, Rocco Ventre, aumentò man
mano lo spazio virtuale a disposizione dei fans delle tgiste fino a creare un
sito web e un
forum,
dove da subito le telegiornaliste più attente cominciarono a interagire con i
loro ammiratori.
Oggi è la tv a parlare di Telegiornaliste.com, i
quotidiani e i settimanali. Siamo di fronte a un fenomeno che inventiamo e
viviamo giorno per giorno: l'informazione che riverbera se stessa utilizzando i
canali vecchi e quelli nuovi. La televisione, Internet, la carta stampata.
Oggi nasce Telegiornaliste, la nuova testata
giornalistica settimanale del sito omonimo.
Vogliamo parlare di giornalismo televisivo e di
tele-giornaliste, far parlare loro sulle nostre pagine di pixels. Vogliamo
essere un
punto di raccordo critico ed efficace fra la
comunicazione sul web e quella via etere e farle incontrare nella dimensione di
multimedialità che è diventata una loro caratteristica preponderante.
Vogliamo far crescere la peculiarità del giornalismo odierno: il
feedback dei lettori e dei tele-ascoltatori. Creare un circolo virtuoso, e non
soltanto virtuale, tra coloro che informano e chi viene informato.
Perché la società della comunicazione multimediale siamo noi.
MONITOR
Telegiornaliste/i+ Telegiornaliste/i -
di Filippo Bisleri
Cinzia Fiorato si sta imponendo come
una delle migliori conduttrici dei telegiornali della
Rai. Brillante, simpatica, molto professionale sta dimostrando tutta la
sua preparazione anche in reportage e speciali. Una telegiornalista cui senza
dubbio va assegnato
un bel 7 per il felice periodo professionale e uno dei posti
“+” della nostra speciale classifica.
Beatrice Ghezzi vive il suo momento di maggiore
gloria con il ritorno della Champions League. In una redazione molto
femminile come è quella sportiva di Mediaset (nonostante notoriamente il
direttore Rognoni non ami il popolo femminile), la nostra Beatrice sta
imponendosi all’attenzione dei telespettatori. Per lei
un 6.5 e il secondo dei nostri posti “+” in classifica.
Elsa Di Gati non poteva mancare nel podio dei “+” della nostra
classifica. Giorno dopo giorno dimostra di essere la
giornalista giusta al posto giusto aiutando una crescita lenta
ma inarrestabile di un bel programma come “Cominciamo bene”. La Di Gati mostra
di dare il massimo di se stessa ad un contenitore televisivo che necessitava di
una presenza importante come la sua. Complimenti e
un bel 6.5 anche per Elsa che completa il nostro podio dei “+”.
Michele Cucuzza conferma il non felice momento personale
e de “La vita in diretta”. Gli share del programma non sono più quelli
precedenti il caos (con autosospensione) avviato dalle segnalazioni di “Striscia
la notizia”. A salvarlo, in queste settimane, ci ha pensato proprio un
servizio dedicato alla campionessa di “telegiornaliste”,
Eleonora de Nardis, e altre colleghe Rai.
Rimandato con un 5.5 e un posto nel podio dei “-”.
Emilio Fede, con le sue frequenti partecipazioni a “Striscia la
notizia” sembra sempre più preso dal mondo dello spettacolo che da quello del
giornalismo di cui fa parte da decenni. Il buon Emilio si decida e scelga
dove stare. Vale il discorso fatto per Cucuzza: la gente chiede informazione
e meno spettacolo. E questo a prescindere dalle simpatie politiche. Rimandato
con un 5 e un posto meritato nel podio dei “-”.
La svolta di Maurizio Costanzo (fine del “Costanzo show” serale
e passaggio alla fascia della mattina) sembra più dettata dalla volontà di
contrastare altre programmazioni (la Rai e l’ottimo “Cominciamo bene” e anche
“Omnibus” de La 7). Il programma non convince e si regge sulla solita
“compagnia di giro”. A cercare di salvare la baracca provano
Luisella Costamagna
e
Marica Morelli, ma il “baffo” non decolla.
Un 5 di incoraggiamento e un “-” che completa il podio negativo.
MONITOR
Le mattine del tg
di Filippo Bisleri
Sono dei lunghi tg mattutini…. Parliamo dei contenitori informativi
che uniscono i primissimi tg a quelli dell’ora di pranzo.
Troviamo dirette, immediate e schiette
Luisella Costamagna e
Marica Morelli,
le due “perle bionde” di “Tuttelemattine”. Le due giornaliste danno ritmo,
concretezza e, qualche volta, anche un pizzico di pepe ad una
trasmissione che vuole essere giornalistica ma che a volte rischia di essere
prevedibile e scontata.
E se per Luisella è una splendida conferma che testimonia le sue grandi
qualità professionali, per Marica registriamo una piacevole scoperta che la
consacra dopo la vetrina di “Omnibus”.
Un tandem ben assortito, quello messo insieme da Costanzo nel suo nuovo
contenitore mattutino di casa Mediaset, ma che deve scontrarsi con il
rodato magazine della Rai “Cominciamo bene” che è guidato, sul fronte
giornalistico, da una sempre più affermata
Elsa Di Gati. Altra bionda e altra bravissima telegiornalista che con
grande professionalità conduce ogni mattina la sua trasmissione (affiancata da
un bravo Corrado Tedeschi).
La coppia Di Gati-Tedeschi mostra come si possa fare un’ottima
informazione senza urlare e senza dimenticare nessuno. “Cominciamo bene”
interessa davvero tutti e soprattutto parla un linguaggio accessibile e tutti.
In conclusione, quindi, Rai e Mediaset puntano sulle telegiornaliste
bionde (dimenticando però la
de Nardis) mentre su La7 provano a far
crescere Paola Cambiaghi che, nonostante il fascino, mostra evidenti
limiti di preparazione giornalistica. Anche perché giornalista non è.
CAMPIONATO
La prima volta di Ilaria D'Amico
di
Rocco
Ventre
Tiziana Panella
infligge a
Ilaria D'Amico
la prima sconfitta stagionale e si porta al secondo
posto. Entrambe rimangono saldamente nella zona play-off insieme
alle vittoriose Mattei e
Moreno. Prosegue la striscia
positiva della
Senette che con la quarta
vittoria consecutiva continua a risalire la classifica.
Nel girone 2, in chiave play-off, importante vittoria della
Vanali sulla diretta
concorrente
Di Gati. Ancora vittorie per
Costamagna,
Capulli e
Todini.
Cristina Guerra vince facile contro una
Setta ormai allo sbando e
si porta a soli tre punti dalla zona play-off.
CRONACA IN ROSA
Il conservatore
rivoluzionario
di Tiziana Ambrosi
Il 2 Aprile 2005 si è concluso uno dei capitoli del grande libro della
Storia della civiltà umana. Giovanni Paolo II si è spento, cocciutamente
a “casa sua”.
Mai ci ha nascosto la sua malattia, insegnandoci la grandissima
dignità del dolore e della sofferenza.
Luci ed ombre, come nella vita e nella storia di qualsiasi personaggio
carismatico, si alternano nella storia del suo lungo pontificato:
conservatore nell’assolutismo centralizzante, nelle posizioni su
aborto e contraccezione, nel parziale abbandono al sostegno della
teologia della liberazione; rivoluzionario nella sua capacità di
parola, di comunicazione verso coloro con i quali il dialogo si era
affievolito se non addirittura spento.
Forse perchè travolti dall'emozione, ma le luci sembrano
prepotentemente schiacciare le ombre, e l'affetto di questi giorni ne è
testimone.
Questi bagliori vogliamo in poche parole ricordare.
Pensiamo innanzitutto ai giovani, calamitati dai più sperduti
angoli del pianeta a riunirsi in folle oceaniche per abbracciarlo (un
evento senza precedenti i 4 milioni di persone a Manila) e perché
indicasse la via.
Forse proprio qui sta il suo magnetismo: nella travagliata storia
recente d’Europa, come del mondo, solo, si è alzato sopra tutti come
guida morale, urlando quel messaggio di pace e fratellanza che nessun
leader politico è in grado di dare.
Il pensiero poi corre alle brecce virtualmente aperte nei muri del
dialogo interreligioso: con gli ebrei, i fratelli maggiori, i
mussulmani e la visita alla spianata delle moschee, l’ulteriore
riavvicinamento alle chiese d’oriente, la mano tesa alla Chiesa di
Russia, finora invano. Finora.
Le scuse per tutte le sofferenze che la Chiesa Cattolica ha
causato e il perdono per quelle subite nel corso dei secoli.
E come non ricordare quel muro vero, di calce e mattoni costruito in
una notte, che spaccava in due l’Europa preso a picconate già da
quell’iniziale “Non abbiate paura!”.
Sul filo della guerra nucleare con la sua parola di pace Giovanni
Paolo II ha contribuito alla nascita senza spargimento di sangue di
quell’Europa unita, che ora ci appare la cosa più normale che possa
esistere.
La sua parola e il suo agire vanno al di là della religione. Credenti
e non credenti si uniscono con lui in quella parola, pace, che ha
saputo trasmettere nei cuori e nelle menti.
“Mai più guerra” ha tuonato in questi ultimi tormentati anni, e vedere
il presidente Bush in ginocchio ai piedi di papa Karol testimonia la
stima che si era riuscito a conquistare senza mai piegare le proprie
idee al volere dei potenti.
Il suo ultimo messaggio di pace l’ha lasciato la mattina di venerdì 8
aprile 2005: i grandi della terra, di paesi che non hanno relazioni
diplomatiche, che a intervalli si scambiano minacce di guerra, pressati
in pochi metri quadrati a rendere omaggio a questo piccolo uomo che con
la sua caparbietà e il suo coraggio è riuscito a raccogliere insieme,
anche solo per un giorno.
Lo immaginiamo, dovunque sia, con il suo sorriso bonario e sincero a
guardare questa scena.
Il Capitolo è chiuso, ma il successivo non potrà e non dovrà fare a
meno di ereditare quel che è stato scritto nelle pagine precedenti.
FORMAT
Vince l'approfondimento "rosa"
di Filippo Bisleri
Promossa a pieni voti, in casa Mediaset, la conduzione serale che
alterna
Annalisa Spiezie,
Cesara Buonamici e Lamberto Sposini.
I vertici del Tg5 (leggasi il direttore Carlo Rossella ma anche
l’editore) approvano lo stile della conduzione del Tg5 delle ore 20.00.
Uno stile che sta contenendo l’inserimento di preziosi contributi
orientati al commento e all’approfondimento della notizia
più che al “gridare” l’evento.
Professionale e rassicurante la Spiezie (una conferma che il Tg
ammiraglio delle reti Mediaset ha ben scelto questa valente giornalista
sottraendola a Telemontecarlo), briosa e autoironica la Buonanici,
preciso e rigoroso Sposini. Insomma, una bella squadra assortita che
non sta facendo rimpiangere la direzione del bravissimo Chicco Mentana
del quale, recentemente, è stato molto apprezzato lo speciale con Oriana
Fallaci.
E le quotazioni di questi conduttori del Tg5 delle 20.00 sono in
costante ascesa anche presso il pubblico che apprezza proprio lo
stile familiare e schietto di porre le notizie senza drammatizzare e
cercando di aiutare la riflessione sugli eventi. Un atteggiamento che si
sta trasformando anche in un logico traino per le trasmissioni di
approfondimento del Tg5 come “Terra!”.
Veste editoriale più accattivante e contributi maggiori dal corpo
redazionale stanno così rilanciando le quotazioni di un telegiornale e
dei suoi approfondimenti che sembravano entrati in una piccola crisi
dopo l’avvicendamento di Enrico Mentana. Aria nuova, dunque, in casa
Mediaset e, ci si consenta di dirlo, aria che premia i telespettatori
e valorizza le telegiornaliste e i telegiornalisti del Tg5.
TELEGIORNALISTI
Quando, per un foglio, 'Attila' (quasi) perse la capa di Tiziano Gualtieri
Un misto d’ansia, emozione e - anche – terrore.
Tutto in diretta tv, davanti a qualche milione di persone. A
questo deve aver pensato
Attilio 'Attila' Romita,
mentre scorreva, lenta e interminabile quella decina di secondi;
mentre le mani, affannosamente, cercavano quel maledetto foglio finito
chissà dove; mentre sentiva su di se aumentare la pressione, la
curiosità di chi si trovava tranquillamente seduto a casa; mentre nello
studio montava quell'alito d’attesa per scoprire come sarebbe riuscito a
venire fuori da quella situazione imbarazzante.
Attimi che da tempo non provava. Un lancio perso chissà quando e
– soprattutto – chissà dove. Non un lancio qualsiasi: bensì
quello di uno dei primi servizi del TG1 delle 20, il telegiornale
più importante e seguito dell'intera nazione. Probabilmente quella parte
dell'edizione dell'8 aprile resterà negli annali del giornalismo
televisivo, magari inserita nel manuale del "Buon giornalista
radiotelevisivo" al capitolo "Come si lancia un servizio",
con la didascalia: "Così non si fa".
Un normalissimo lancio che si trasforma in una terribile trappola;
un attimo di distrazione, il foglio che sparisce e tu che piombi -
d'improvviso - nelle sabbie mobili di un servizio di cui non sai
assolutamente nulla, ma che devi presentare a chi "pende" dalle tue
labbra. Impossibile cercare di scappare: bisogna prendere il coraggio a
due mani, fare la figura, sfogliare il più in fretta quei
maledetti fogli, una, due e anche tre volte - se necessario.
Cinque secondi che ti ho perso, quanto freddo in questo studio, ma tu
non mi hai cercato più, troppa gente che mi chiede dove sei...
E allora bisogna calare le braghe davanti a tutti e ammettere di essere
stato preso in castagna. Chissà, magari sarebbe bastato controllare
prima i fogli messi lì davanti, oppure alzare semplicemente lo sguardo e
leggere uno dei gobbi posti sotto le telecamere. In quei momenti, però,
il cervello si stacca dalla ragione, prende un po' di ferie, va nel
pallone, il giornalista ritorna nel mondo degli umani e fa la cosa meno
ovvia e, talvolta, inopportuna.
Eppure, nonostante tutto, c'è ancora qualcuno che pensa che fare il
giornalista in tv sia facile e divertente. Molte volte può essere
davvero così, ma non in momenti come quello in cui vorresti
solamente sprofondare, sparire, non essere mai andato davanti a
quella telecamera. È si, perché quando ti capita di fare una figuraccia,
succede davanti a tutti.
Nessuna possibilità d’errore: "il bello della diretta" è sempre in
agguato, pronto a piombarti addosso non appena abbassi la guardia. E
poco importa se i colleghi ti chiamano 'Attila'.
Da quel momento, l'unica cosa che rischia di non crescere più dopo il
tuo passaggio, sono i lanci dei servizi.
TELEGIORNALISTI News dal conclave
di Filippo Bisleri
Il conclave che si apre oggi è il primo con i cardinali non
stabilmente presenti nella Cappella Sistina. Karol Wojtyla, poi divenuto
Papa Giovanni Paolo II, infatti, nella costituzione “Apostolici dominici
gregis”, memore anche del suo caldo conclave nel 1978, ha voluto un
luogo meno isolato e più confortevole per i cardinali (115
in questa occasione dopo le defezioni dei due porporati ammalati).
I 115 cardinali, dunque, voteranno sì nella Cappella Sistina, ma
dormiranno nell’Ospizio di Santa Marta in camere assegnate con un
rigidissimo sorteggio. E si tratta di camere degne dei migliori
alberghi dove la rigida clausura rispetto al resto del mondo verrà
un po’ meno anche perché la cablatura, di cui è dotata la struttura di
Santa Marta, non sarà totalmente eliminabile. Vietati però i
cellulari e le interviste con buona pace dei grandi telegiornalisti e
delle molte telegiornaliste schierati dalle varie reti per seguire
prima l’agonia del Papa e ora, terminati i novendiali, il conclave.
I telegiornalisti si sono prodigati nello sport di stagione, ovvero il
“toto-Papa” schierando in prima linea ora Ratzinger ora
l’arcivescovo ambrosiano Dionigi Tettamanzi. L’identikit del Papa, però,
stando a fonti bene informate, sarà quello di una persona in grado di
assicurare la continuità con il magistero di Giovanni Paolo II e, allo
stesso tempo, di garantire qualcosa di più di una semplice transizione.
Fuori causa (con la sola eccezione di Stafford) gli arcivescovi del Nord
America, in molti guardano ai sudamericani che esprimono più di un
valido pretendente. Non è escluso che il gruppo dei “curiali”, per avere
la certezza della continuità con il magistero di Wojtyla punti proprio
sul citato Joseph Ratzinger lasciando Dionigi Tettamanzi (uno che
ha studiato da Papa fin da quando era in Seminario prima come allievo e
poi come insegnante) sulla prestigiosa cattedra di Sant’Ambrogio a
Milano.
Di ora in ora, però, consapevoli anche di non poter annullare il grosso
evento della Giornata mondiale della gioventù di Colonia in agosto, i
cardinali stanno anche vagliando la possibilità di affidarsi a
Christoph Schoenborn, arcivescovo di Vienna. Dalla sua la matrice
tedesca e dunque la possibilità di un ottimo impatto sulle autorità e
l’organizzazione della Gmg di Colonia e la conoscenza di ben 12 lingue
nonché una sicura vicinanza alle idee dell’ultimo Papa che si è seduto
sul soglio di San Pietro e che lo inviò a normalizzare la chiesa
viennese travolta dagli scandali.
Schoenborn fu anche in primissima fila nell’organizzazione del Giubileo
e gode delle simpatie di Ratzinger, di diversi curiali e del sempre
influente ex arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini che, secondo i
soliti beninformati, potrebbe spostare anche 35 voti su un papabile a
lui gradito.
I locali climatizzati di Santa Marta, dunque, potrebbero anche essere
occupati per poco tempo dai cardinali e la Chiesa avere presto il suo
nuovo pastore. Il cui primo incarico sarà quello di avviare il processo
di beatificazione del predecessore. Quindi l’organizzazione di Colonia
per conquistare il cuore dei Papaboys e dei telegiornalisti e delle
telegiornaliste che hanno accompagnato anche con le lacrime (vedi
Paola Rivetta) la morte del Pontefice.
EDITORIALE Se a far
notizia sono solo le gambe
di Tiziano Gualtieri
Li chiamano mezzibusti a "causa" della classica inquadratura, eppure
molti vorrebbero che le telecamere ritornassero a riprenderli a figura
intera. Con il proliferare delle giornaliste in tv, infatti, è aumentata
anche l'attenzione degli spettatori verso tutto il resto del corpo,
soprattutto quello che - solitamente - non si vede.
Sono nate così, vere e proprie discussioni riguardo le gambe di
questa giornalista o le calzature dell'altra, fino alla spasmodica
ricerca di qualsiasi immagine che ritragga, rigorosamente a figura
intera, la cronista preferita.
Sembra quasi che molto dell'appeal di colei che è in video, dipenda da
ciò che - in un certo senso - è proibito, che va fuori dalla
"tradizione" televisiva.
Poco importa della notizia, del modo di porsi della giornalista, della
sua bravura professionale; la domanda è sempre la stessa: com'era
vestita? Il tutto con buona pace per gli stilisti che iniziano ad
essere presi sempre più considerazione.
Si, perché una gonna in più o una in meno, uno spacco giusto o un
accavallamento, possono far cambiare totalmente il gradimento di un tg.
I primi ad accorgersene sono stati quelli del tg de
La7, benedetti da tutti gli amanti del cosiddetto scoscio. Quel
tg, ma soprattutto l'inquadratura larga che per molto tempo ha fatto
tendenza, rimarranno nella storia e nella mente (e negli occhi) di
tanti. Una scelta - forse - azzardata, ma sicuramente ben accetta, a tal
punto da gettare nel panico quando l'inquadratura larga non veniva
utilizzata o addirittura fu deciso di abbandonarla e di rinnovare
totalmente lo studio.
Altro aspetto da non sottovalutare, infatti, è la scelta della
scenografia dello studio che viene seguita con molto interesse da chi è
a casa: un tavolo più o meno trasparente può fare la felicità o la
disperazione dei telespettatori. Così, quando anche il
tg1 decise di cambiare, lo sconforto si impossessò degli amanti
del "proibito" giornalistico. I produttori di scrivanie trasparenti,
sono avvisati.
Per alcuni la mattina senza le gambe di
Cristina Guerra, infatti, non è una buona mattina; diventa addirittura
"disastrosa" se si presenta indossando i pantaloni.
Una volta si seguiva il tg per conoscere le notizie, ora si è inserito
anche uno spirito voyeuristico su ciò che si vede (e viene
mostrato) di chi è in video. D'altra parte, però, è anche giusto che si
punti - a volte - sulla femminilità. Diverse sono le operatrici
dell'informazione che, oltre a essere brave, sono anche belle e hanno da
mostrare.
Il tutto, però, deve essere fatto senza che si corra il rischio che il
lavoro delle telegiornaliste venga sminuito e che si apprezzi solo
quello di chi "osa" (fisicamente parlando) di più.
Perché parafrasando Jo Squillo e Sabrina Salerno, anche nel
giornalismo
oltre le gambe c'è di più.
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