Primo comandamento: fare comunque informazione di
Tiziano Gualtieri
Le difficoltà legate alla possibilità di fare del giornalismo libero,
raccontate - ancora una volta - da chi, lontano da "strani" filtri, cerca di
vedere le cose nella maniera più neutra possibile. Una figura
professionale, quella del giornalista, che è molto scomoda e che risulta essere
difficilmente controllabile.
Questa settimana apriamo una finestra su uno dei programmi d'inchiesta più
importanti e meglio realizzati degli ultimi anni. Relegato a pochi intimi,
Report si conferma sempre più unico (o quasi) vero programma di
approfondimento giornalistico, trasmissione che punta a fare chiarezza nel
buio delle istituzioni e delle aziende.
E se non bastasse, a dissuadere i giornalisti da fare il loro lavoro,
giungono anche le minacce di morte - più o meno velate - dirette a
giornalisti colpevoli di voler mandare in onda, in seconda serata,
l'interessantissimo documentario sulla condizione delle donne musulmane.
Ingerenze condotte da parte di sedicenti gruppi musulmani a cui il giornalismo
italiano può rispondere "picche", dimostrando - una volta per tutte - di
essere libero.
Infine, ecco che si insinua anche il dubbio che, ancora una volta, si debba
assistere a una sequela di verità nascoste. Niente treni o aerei, ma
semplicemente un'auto e qualche proiettile in più ad un check point maledetto.
Molta importanza è ricoperta anche dalle voci, a volte più
identificabili degli stessi nomi o volti. Così capita anche che tra le
più imitate ci sia anche quella di Sandro Piccinini che entra, di
fatto, nel novero dei più grandi telegiornalisti sportivi.
Anche questa volta i più e i meno della settimana, con il
telegiornalismo femminile che si ricava - nuovamente - il suo angolo di
celebrità dimostrando un apprezzamento per l'altra metà del cielo (o della
redazione) sempre in crescita, anche - e soprattutto - dal punto di vista
professionale. Tra i bocciati i due giornalisti più famosi dell'ultimo
periodo televisivo. Chicco "mitraglietta" Mentana, un po' scomparso dalle
scene e quel Francesco Giorgino che non è più riuscito a dimostrare di
aver superato quello strano periodo di impasse successivo al dopo
Festival di Sanremo: della vicenda della sospensione di Giorgino dal Tg1 di
Mimun vi parleremo nel numero in uscita lunedì prossimo.
Spazio anche a chi, per caso, è diventata una di noi:
Chiara Ruggiero
che fin da subito ha dimostrato di trovarsi a suo agio all'interno di
questo grande "contenitore" di pensieri e idee. Lo spaccato che se ne ricava
tratteggia una professionista tanto aperta e cordiale, quanto
rigorosa, segno evidente che le persone precise possono risultare anche
simpatiche.
Infine, apriamo questa settimana la prima delle quattro puntate di
avvicinamento al referendum: ogni settimana la spiegazione di un quesito
per riuscire a capirne di più e per distinguersi da una sorta di silenzio
stampa mediatico.
Una situazione incomprensibile, ma che - fortunatamente - non ci coinvolge.
MONITOR
Chiara Ruggiero, una
stella nascente
di Filippo Bisleri
Chiara Ruggiero
è, in tutti i sensi, una di noi. È una telegiornalista, è una professionista e,
soprattutto, dialoga con i suoi fans attraverso
www.telegiornaliste.com.
Insomma, Chiara, una giovane telegiornalista televisiva con la passione per la
cioccolata (contagiata per caso da
Beatrice Ghezzi nel comune periodo
all’Olimpia basket?) e per il basket. E non dimentichiamo il suo amore smodato
per i tropici, il ballo, e… il riposo.
E nell’attesa che l’amore bussi, travestito da “Principe azzurro” nella sua
vita, la nostra Chiara brilla per il suo contributo (purtroppo non in video) a
“Netc@fè”. Nelle sue incursioni in video, comunque, Chiara conferma quello
che di lei appare attraverso il
forum di Telegiornaliste:
è una ragazza solare, un’amicona. Ma sul lavoro è estremamente professionale
e rigorosa. Mai un ritardo nella definizione di un servizio giornalistico e
mai approssimativa. Chiara Ruggiero è precisa, non solo perché costretta
dalla rigorosità dei meccanismi televisivi… È così per carattere. Non sa fingere
e vive il giornalismo come una realizzazione personale, come un modo per dire
chi è lei pienamente.
Il suo scarso desiderio di apparire in video, nonostante un’indiscutibile
bellezza (lo possiamo affermare per diretta esperienza), ci ricorda come Chiara
preferisca di gran lunga il poter affermarsi come giornalista alla
visibilità che può dare la presenza in un programma o la conduzione di un
telegiornale. Certo, non tutti i nostri lettori hanno potuto vedere Chiara in
video, durante i suoi servizi televisivi o nelle sue incursioni in
manifestazioni varie, ed è un peccato, perché Chiara è una telegiornalista
solare. Potremmo accostarla, per stile e modo di porsi, alla grande
Monica Vanali per briosità o
a
Beatrice Grezzi
per umiltà. Un mix niente male…
Soprattutto, siamo sicuri che la nostra Chiara Ruggiero farà tanta
strada. Lo merita, ne ha le capacità e sarebbe il sintomo che il giornalismo
crede davvero che la “gavetta”, come ai bei tempi, formi le telegiornaliste
brave. Come Chiara.
CAMPIONATO Arrivederci
Floriana di Rocco Ventre
Nel girone 2 dopo la retrocessione di Monica Setta è arrivato il verdetto di
condanna anche per Floriana Bertelli: per la prima volta la telegiornalista
del Tg3 dovrà disputare un campionato di serie B e non potrà quindi aspirare a
vincere il titolo. il miglior campionato disputato da Floriana fu quello
dell'edizione n. 7 quando arrivò a un soffio dai playoff perdendo lo spareggio
decisivo con Francesca Todini.
Sconfitta un po' inaspettata per Monica Vanali contro l'omonima Gasparini e così
Elsa Di Gati si rilancia per i playoff. Nel girone 1 ancora nessun verdetto
ufficiale: tutte sono ancora in corsa per un obiettivo.
CRONACA IN ROSA
Le verità nascoste
di Fiorella Cherubini
Sul caso Calipari è stato ormai detto tutto ed il contrario di tutto:
ovvero niente di verificato e definitivo. Non la verità, magistralmente
occultata dalle coltri di opportunismo diplomatico di USA e Italia.
Giuliana Sgrena, giornalista de Il Manifesto, rapita dagli
iracheni, è stata liberata, ricordiamo, grazie allo 007 italiano Nicola
Calipari, morto purtroppo sotto i colpi sparati da un drappello di marines nei
pressi dell'aeroporto di Baghdad.Questi, gli unici dati reali, in un ginepraio
di notizie che -negli ultimi giorni - i telegiornali hanno fornito, certo non
con l’intento, ma purtroppo con l’unico risultato di confondere le idee dei
telespettatori.
E così, mentre il Ministro degli Esteri Gianfranco Fini ed il Segretario
di Stato Americano Condoleeza Rice conversano amabilmente per telefono,
ribadendosi a vicenda il dispiacere per il mancato raggiungimento delle tanto
auspicate “conclusioni condivise”,il nostro Premier, Silvio Berlusconi,
si presenta in Parlamento e, quale deus ex machina, pone la parola fine a questo
tragico episodio senza fornire alcuna delucidazione sull’argomento: solo
rassicurando gli italiani che i rapporti tra Italia e USA non s’incrineranno
certo per un paio di opinioni discordanti.
Forse gli "addetti ai lavori" ritengono sufficiente definire Calipari un eroe
per credere di aver trattato in modo esaustivo la vicenda; ma questo semplice
appellativo basterà a lenire i dolori e a soddisfare la volontà di sapere dei
familiari del funzionario del Sismi e di tutti i cittadini italiani?
Appare, pertanto, evidente che le relazioni internazionali abbiano
acquisito una priorità assoluta, relegando al secondo posto la verità
sulla morte di un uomo.
Così, mentre il sacro fuoco della politica incita i potenti a caldeggiare le
alleanze; mentre il sacro fuoco della scrittura impegna i giornalisti a
raccapezzarsi in una matassa di notizie confuse e contraddittorie, per trovarne
il bandolo; il “sacro fuoco amico” degli americani ha colpito ancora.
CRONACA IN ROSA
12 e 13 giugno 2005: Referendum sulla procreazione assistita
di Silvia Grassetti
Non fa piacere constatare come l’informazione sul prossimo referendum in merito
alla procreazione assistita sia totalmente assente dalla televisione e
dagli organi di comunicazione di massa.
La questione è certamente complessa, ma un dato su tutti deve farci riflettere:
se i cittadini non si recheranno a votare, non avranno più la possibilità di
modificare la Legge 40/2004. Al di là delle prese di posizione
moralistiche, cattoliche o progressiste, crediamo che un semplice orientamento
vada riconosciuto: il diritto all’autodeterminazione, ovvero la libertà della
donna, in primis, della coppia, in secondo luogo, di decidere su un tema tanto
personale e intimo da rendere fuori luogo qualsiasi ingerenza esterna volta a
impedire l’accesso alle cure all’avanguardia, o, peggio, che metta a rischio la
salute dei cittadini.
Da questo numero, e per quattro settimane, cercheremo di sopperire, per
quanto possibile, al silenzio stampa mediatico, fornendo ai nostri
lettori alcuni ragguagli sui quattro quesiti referendari del giugno prossimo.
Primo quesito referendario: Per consentire nuove cure per malattie come
l’Alzheimer, il Parkinson, le sclerosi, il diabete, le cardiopatie, i tumori.
La Legge 40/2004 impedisce di utilizzare le cellule staminali prelevate dagli
embrioni non utilizzati per la fecondazione artificiale. Queste cellule,
moltiplicandosi grazie all’intervento dello scienziato, consentirebbero di
curare gli organi vitali colpiti da malattie come il cancro, il diabete, le
sclerosi, e molte altre.
In Italia sono 12 milioni le persone la cui speranza di guarigione è
legata alla possibilità di fare ricerca e utilizzare le cellule staminali
embrionali. A chi obiettasse che la ricerca è attualmente possibile su cellule
adulte, ricordiamo che fino ad oggi non è stata scientificamente provata
l’esatta corrispondenza fra quelle, e le cellule staminali embrionali: queste
ultime, per il momento, rappresentano l’unica via percorribile e sicura per
combattere malattie gravemente invalidanti o mortali.
Votando ”sì” si indica la propria volontà all’utilizzo per i fini di
ricerca delle cellule staminali.
FORMAT Telegiornaliste/i
+ Telegiornaliste/i -
di Filippo Bisleri
È un modello di giornalismo, un nuovo modello. Certamente un modello
molto legato alle icone giornalistiche lanciate da
Emilio Fede. Che, sebbene criticato per molti suoi atteggiamenti
nei confronti del suo editore, è, per contro, elogiato per averci regalato
brave (e belle) tgiste. Sulle quali, tra tutte, sta spiccando la
varesotta (è nata nella cittadina di Tradate ed è cresciuta tra Cislago e
Gerenzano) Francesca Senette. Brava, ironica, briosa, sia quando conduce il Tg4 sia
quando è al timone di “Sipario”. D’altra parte ha lavorato con
Montanelli alla “Voce”. Per lei un meritato “8”. I dati
dicono che
Cinzia Fiorato ha “bucato lo schermo” ancora una volta nelle sue
ultime conduzioni del Tg1 della notte. La Fiorato, torniamo a ribadirlo,
si sta imponendo alle cronache come il nuovo volto del telegiornalismo rosa.
Brava Cinzia e bravi i vertici Rai che credono in lei. Ma lanciamo una
provocazione: perché non affidare anche a Cinzia qualche reportage in più?
Brava, è brava, e il suo reportage dallo Sri Lanka lo dimostra. Occorrerebbe che
qualcuno la promuovesse in spazi informativi in grado di valorizzarla ancora di
più. Per lei il secondo gradino del podio con un bel “7”.
Un’icona di giornalismo sia per molte donne sia per molti uomini che si sono
affacciati alla ribalta televisiva. Parliamo di
Tiziana Ferrario, da diversi anni in quota al Tg1 e sempre garbata e
tranquilla. Avrebbe meritato ben altri successi professionali la nostra
Ferrario, ma non si è mai lamentata. Il suo stile è rimasto immutato e
sempre fresco ed avvincente come quello di un familiare o di un’amica
fidata che ti racconta una vicenda. Grazie Tiziana, continua così. Per te un
meritato “6.5” e un augurio per il campionato.
Sarà anche bello, sarà stato anche a Sanremo, ma le ultime uscite di Francesco Giorgino lasciano un poco sconcertati. E, soprattutto, deludono
quanti speravano di vedere un nuovo telegiornalista imporsi e scalzare così la
schiera dei Vespa e simili che hanno guidato la Rai per anni e costantemente
riempiono lo schermo della tv di Stat. Giorgino, ti rivogliamo come eri prima di
Sanremo: un vero giornalista. Rimandato con un “4.5”.
Giornalisti televisivi non ci si inventa. Qualcuno, poi, non pago di dirigere
quotidiani con vendite non eccelse, si cimenta comunque nell’avventura e,
diciamolo francamente, con ben poco lusinghieri risultati. Parliamo dell’amico
Xavier Jacobelli che, sinceramente, preferiamo al timone del “Giorno”
o del neo-nato “Qs” (per il quale facciamo i nostri complimenti e
auguri). Rimandato con un “5”.
Enrico Mentana ha lasciato, forzatamente, la guida del Tg5. Ne ha
ricevuto tanti attestati di solidarietà (alcuni immaginiamo di circostanza) e la
possibilità di realizzare una bellissima intervista con
Oriana Fallaci, la giornalista che, al pari di Fede, o si ama o si
odia. Dopo la speciale ed esclusiva intervista alla Fallaci il silenzio. Chicco,
chiediamo un nuovo interessante contributo all’informazione da chi come te ne è
capace. Sfrutta i mercoledì liberi dalle Coppe della tua Inter e regalaci un
sorriso… Per ora attendiamo e ti mettiamo sul contropodio con un “5.5”.
FORMAT Report:
senza peli sulla lingua
di Tiziana Ambrosi
Come da tradizione Rai 3 propone in prima serata una delle trasmissioni più
interessanti e frizzanti degli ultimi anni. Il programma in questione, Report,
nasce come seguito naturale nel 1997 di "Professione Reporter".
Il taglio di Report è quello del giornalismo d'inchiesta, lo stesso
inventato da Gianni Minoli, ma probabilmente con qualche soldo in meno
e qualche denuncia in più.
I fronzoli son ben pochi: la conduttrice ed ideatrice, la veterana Milena Gabanelli, conduce in una stanza poco illuminata in cui
campeggia in rosso il logo del programma. La trasmissione si occupa
prevalentemente dei bachi della società civile: sanità, lavoro,
burocrazia, sprechi di denaro pubblico. Temi non certo facili per chi sta in
alto, e alle domande deve rispondere, anziché porle.
Tutto all'insegna della sobrietà: nella scenografia, nel carattere della
conduttrice, nello svolgimento delle inchieste. Basti pensare che la redazione è
composta di tre persone che mantengono i contatti con l'Azienda e con gli
autori, che da parte loro sono tutti freelance, quindi autofinanziano le
proprie inchieste: telecamere, spese, montaggio sono quindi a loro carico, i
pezzi prodotti vengono poi venduti a Report, senza quindi intermediazione
di società esterne. Questo permette di giungere celermente al sodo
delle questioni, senza aver paura di calpestare i piedi a qualcuno: ed infatti
la collezione di denunce notificate al programma ha ormai bruciato
qualsiasi record precedente (da menzionare quella ricevuta dalle Ferrovie dello
Stato, che, non paghe, licenziarono i dipendenti per i quali la sicurezza dei
passeggeri veniva compromessa, i quali avevano osato rivelare retroscena di
questo tenore).
Tutto ciò non ferma lo spirito battagliero di chi cerca risposte alle domande
semplici che il cittadino si pone, e l'ascoltatore affezionato vive nel terrore
che la trasmissione chiuda i battenti prima del previsto: l' "arrivederci alla
prossima stagione" suona quasi più come una speranza che come un congedo
temporaneo.
Finora fortunatamente, e quasi miracolosamente, Report è stato premiato
dal passaggio in prima serata (inizialmente era programmato per la seconda
serata), ed ottiene una media di ascolto di poco più di tre milioni di
telespettatori, un valore piuttosto soddisfacente, considerando il target del
prodotto.
La serie, partita ad aprile 2005, è incentrata sul confronto tra Italia e Stati
Uniti: con inchieste parallele nei due Paesi si sono analizzati vizi e virtù
relative a temi scottanti, quali la giustizia, la sanità, i trasporti.
Una trasmissione che si pone domande non sempre riesce a dare risposte (spesso
gli interlocutori risultano alquanto laconici), ma quantomeno pone sempre in
luce storture che altrimenti sarebbero taciute senza scampo.
Da sottolineare infine che i casi indagati non vengono lasciati a loro stessi,
poichè dopo qualche tempo gli autori tornano sui luoghi delle inchieste per
vedere "come è andata a finire": esattamente il titolo di una delle rubriche
della trasmissione.
TELEGIORNALISTI
Sandro Piccinini, la “voce” più imitata
di Filippo Bisleri
Sandro Piccinini è,
per il calcio di Mediaset, ovvero quello delle Coppe Europee, in attesa del
decollo del digitale terrestre, “la voce” di tante telecronache. A lui, è anche
affidata la conduzione del programma di punta dello sport delle tv che fanno
capo a Fedele Confalonieri, ovvero “Controcampo”. Un programma che oggi è anche
un settimanale acquistabile in edicola come pure on-line.
Piccinini, non molti lo sanno, è, nella realtà, un particolare
collaboratore delle reti del “biscione”: un po’ la versione in “salsa Mediaset”
di Bruno Vespa per la Rai. E' infatti il volto e la voce di numerosi programmi
Mediaset di calcio, ma a Milano, in redazione, c'è pochissimo, fedele e geloso
com’è della possibilità di lavorare e vivere nella sua Roma. Una città che egli
ama e che apprezza.
Sobrio, educato, Piccinini si presenta come un gentleman e, nel
panorama televisivo sportivo di una tv urlata (leggasi ad esempio il “Processo
di Biscardi”, inno al trash televisivo), appare un po’ come una figura fuori
dagli schemi. Ma, forse proprio per questo motivo, Sandro Piccinini,
cresciuto a pane e calcio (suo padre fu un valido terzino di Juventus e Milan e
vestì anche la maglia della Nazionale maggiore italiana) trova anche molti
consensi. Tra il pubblico (e questo lo rende particolarmente felice) e
tra i comici che ormai gareggiano per farne l’imitazione.
Dopo quella targata “Mai dire gol” di Neri Marcorè è ora arrivata anche
quella, riuscitissima, a detta dello stesso Piccinini, di “Colorado Cafè”. E
quando un personaggio comincia ad essere imitato significa che la sua
popolarità è in crescita, che il pubblico lo prende come un riferimento. Il
fatto poi di mettere molta pacatezza nelle conduzioni dei programmi e di
“spingere” nei momenti giusti le squadre italiane nei confronti delle Coppe
Europee fanno del Sandro “nazionale” un giornalista modello. E le imitazioni di
cui lo fanno oggetto i comici, invece, lo rendono oggetto di molte battute nella
redazione sportiva di Mediaset. Una redazione molto giocosa che Sandro ama come
se stesso e con la quale lavora con un’intesa perfetta. Tanto che prendere
l’aereo per raggiungere Milano e condurre “Controcampo” o fare una telecronaca
è, per lui, come fare una rimpatriata.
E gli spettatori si accorgono del bel clima e premiano con gli ascolti le
performance del nostro Piccinini.
EDITORIALE
No alla "Submission"
alla fatwa di Tiziano Gualtieri
Continua il momento
difficile di "Punto e a capo" e per Giovanni Masotti. La
trasmissione di Raidue, nata male e che prosegue peggio, continua a
generare malumori sempre più evidenti che questa volta, potrebbero portare a
conseguenze davvero difficili da sopportare e da capire. Dopo la
conduzione da separati in casa tra Giovanni Masotti e
Daniela
Vergara (che alla fine ha abbandonato la
trasmissione), le aspre polemiche scoppiate dopo la messa in onda del
filmato di Fabio Cannavaro con il non doping fatto passare - invece - come tale,
ora ci si mettono anche i sedicenti musulmani e le loro poco velate
minacce.
Che fare il giornalista sia - a volte - un mestiere difficile, è
evidenziato tutti i giorni. Tante le pressioni, tanti i tentativi di
influenzare colui che scrive, tante le interferenze più o meno
legali. Ma che ora giunga anche una
fatwa, la sentenza di morte dei terroristi
islamici, è davvero troppo.
Masotti, il vicedirettore di Raidue con delega
all'informazione e conduttore della trasmissione, è stato oggetto di
svariate telefonate minatorie in lingua araba; stessa cosa per Max
Parisi, un giornalista della trasmissione.
La colpa era quella di voler trasmettere, il 12 maggio, la
proiezione del film "Submission", girato dal regista olandese Theo Van
Gogh, film che narra la condizione femminile nell'Islam e che è costato
la vita al regista assassinato da un fondamentalista offeso dai contenuti
ritenuti "blasfemi".
Ora le minacce e la "maledizione" che aleggiano attorno
al cortometraggio sono giunte anche da noi. Non serve andare all'estero, quindi,
per assistere a "distinti signorotti" che, in qualsiasi modo, tentano di
pilotare l'informazione. Ma, forse, sarebbe il caso di spiegare loro che
l'Italia - quando serve - non è il terreno dove, per il "fenomeno" di turno, è
facile fare il bello e il cattivo tempo.
Un detto arabo dice: coloro i quali sono inclini al compromesso non potranno
mai fare una rivoluzione. In questo caso nessuno vuole la rivoluzione,
solamente la possibilità di ribadire - ancora una volta - che i
giornalisti italiani non si fanno intimorire né dagli avvocati, né dalle minacce
di presunti musulmani che non hanno capito che l'Italia non è l'Iraq.
Nonostante tutto, Submission è stato trasmesso senza stravolgimenti di alcun
tipo permettendo ai telespettatori di vedere il film sotto accusa.
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